I tornei discontinui

di Matteo Dotto *

Con l'edizione del 1939 si interrompe la tripla egemonia Uruguay-Argentina-Brasile. Il merito è del Perù, che per la terza occasione organizza la Coppa in casa e per la prima volta la vince. Sulla panchina peruviana siede l'inglese Jack Greenwell, unico allenatore di scuola europea a conquistare il titolo americano. Teodoro 'Lolo' Fernández, con sette gol, è il capocannoniere della manifestazione e la stella di un Perù degno vincitore. L'edizione 1939 segna anche il debutto del centrocampista uruguayano Obdulio Varela, per quindici anni pilastro della Celeste. Nel 1941 esordisce invece il portiere cileno Sergio Livingstone (figlio di Juan, arbitro della finale Argentina-Uruguay del 1917), che ancora oggi detiene il record di presenze in Coppa America: 34, distribuite nelle edizioni che si svolgono tra il 1941 e il 1953.

I campioni del Perù, nel 1939
La guerra che insanguina l'Europa non ferma la Coppa America. Nel 1945, anzi, si gioca in Cile una delle edizioni dai contenuti tecnici più spettacolari. La sfida è tra i formidabili attacchi presentati da Argentina e Brasile: Mario Boyé, Norberto 'Tucho' Méndez, René Pontoni, Rinaldo Martino e Felix Loustau contro Osmar Tesourinha, Thomaz Zizinho, Heleno de Freitas, Jair Pinto e Ademir de Menezes. Non a caso Argentina e Brasile chiudono il torneo con una media superiore ai 3 gol per partita. In classifica ha la meglio per un punto l'Argentina, che vince 3-1 il confronto diretto (tripletta di Méndez, artista del dribbling dal tiro potentissimo), ma gli applausi sono estesi anche ai vinti. L'Argentina conquisterà nuovamente la Coppa nei due anni successivi, realizzando così un ciclo mai riuscito ad altre nazionali. Proprio nel 1947 fa il suo debutto in campo internazionale un attaccante velocissimo e abile a giostrare in tutte le zone del campo: si chiama Alfredo Di Stefano, all'epoca ha solo 21 anni e, partito come riserva, trova spazio solo perché il titolare Pontoni s'infortuna nel corso della seconda partita contro la Bolivia. Diventerà uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi.

Curiosamente, la Coppa America vinta alla vigilia dei Mondiali non porta mai alla conquista del titolo più prestigioso del calcio. Ne sa qualcosa il Brasile, che nel 1949 organizza il torneo in casa. Sono le prove generali dei Mondiali dell'anno successivo, e il Brasile, a distanza di ventisette anni dalla sua ultima conquista, si aggiudica la Coppa dopo lo spareggio con il Paraguay, che aveva vinto 2-1, proprio contro il Brasile, l'ultima partita del girone per poi perdere 7-0 nella sfida decisiva. La rinuncia dell'Argentina e un Uruguay ridotto a una squadra di riserve, a causa dello sciopero dei suoi migliori calciatori, facilitano forse il Brasile, che segna il record storico dei gol all'attivo (39 in sette partite, più sette nello spareggio), ma che di lì a qualche mese andrà incontro alla più grande delusione sportiva della sua storia: la sconfitta nei Mondiali organizzati in casa e vinti dall'Uruguay.

Norberto Doroteo Méndez
Miglior realizzatore nella storia del torneo sudamericano,
insieme al brasiliano Zizinho, con 17 gol
Dopo l'impresa del Perù nel 1939, è un'altra 'piccola', il Paraguay, ad aggiudicarsi l'edizione del 1953, che si disputa in Perù senza la partecipazione dell'Argentina, dissanguata dall'esodo dei suoi migliori calciatori, dopo il lungo sciopero del 1948. Nel Paraguay, che batte il Brasile 3-2 allo spareggio, rifacendosi così dell'umiliazione subita quattro anni prima, gioca come difensore Heriberto Herrera, qualche anno dopo apprezzato tecnico in Italia e in Spagna. Il Brasile comincia a costruire la grande squadra che vincerà i suoi primi Mondiali in Svezia nel 1958: sulle fasce agiscono Djalma e Nilton Santos, il regista è Waldir Didí, in attacco fa faville il futuro fiorentino Julio Botelho, 'Julinho'. Gli anni Cinquanta sono comunque caratterizzati da un ritorno del calcio rioplatense: dopo il Paraguay, vincono tre volte l'Argentina e due l'Uruguay. L'edizione dal più alto livello tecnico è senza dubbio quella del 1957: nel Brasile, oltre ai Santos e a Didí, ci sono anche Manuel Garrincha e Dino Sani. Ma è l'Argentina, che conquista la Coppa, a mettere in vetrina i talenti più interessanti. Tra i pali, Rogelio Domínguez si guadagna a fine torneo un contratto con il Real Madrid. Il ricco calcio italiano si assicura invece gli attaccanti Humberto Maschio, Antonio Valentín Angelillo ed Enrique Omar Sivori, un trio ribattezzato los angeles de las caras sucias ("gli angeli dalla faccia sporca"). Sotto la regia del procuratore di origini italiane, Felix Latronico, Maschio e Angelillo approdano all'Inter di Angelo Moratti, mentre Sivori va alla Juventus della famiglia Agnelli, e la sua squadra d'origine, il River Plate, proprio grazie ai proventi della sua cessione, può finalmente completare il secondo anello dello stadio Monumental. L'Argentina, grande favorita ai Mondiali del 1958, vede però ridimensionate le sue ambizioni a causa del trasferimento in Europa dei suoi quattro assi, che non saranno convocati. Così dalla Svezia arriva puntuale la notizia del tonfo di una Selección modesta e disabituata al confronto con le grandi scuole europee (clamorosa la sconfitta per 6-1 contro la Cecoslovacchia). Per la prima volta nella storia, si laurea campione del mondo il Brasile, una squadra cresciuta e collaudata nelle ultime edizioni della Coppa America e che, inoltre, presenta il diciassettenne Pelé.

I campioni del mondo del Brasile sono attesi nel 1959 alla conferma continentale. Con Pelé, Didí, Garrincha, Mario Zagalo, Djalma Santos sono presenti quasi tutti i migliori del trionfo svedese, ma la vittoria finale va all'Argentina con una Selección rinnovata per dieci undicesimi (unico superstite il giocoliere di fascia Oreste Corbatta) rispetto a quella vittoriosa due anni prima. Per il Brasile la magra consolazione della piazza d'onore, per Pelé l'unica partecipazione a una Coppa America, impreziosita dal titolo di capocannoniere (otto gol segnati in sei partite). Il 1959 è anche l'anno della doppia Coppa America. In passato, a parte la prima edizione (semplice Campionato sudamericano senza coppa in palio), si erano giocate altre cinque edizioni definite 'straordinarie', che non assegnavano cioè il trofeo. Mai però era successo di giocare due volte nello stesso anno, come accade invece nel 1959 quando, oltre alla 'classica' Coppa America, disputata in Argentina e vinta dai padroni di casa a cavallo tra marzo e aprile, arriva a dicembre una seconda edizione, organizzata dall'Ecuador per festeggiare l'inaugurazione dello stadio Modelo di Guayaquil. Rispetto alle sette squadre impegnate nel torneo nelle ultime occasioni, solo cinque nazionali partecipano in Ecuador: oltre ai padroni di casa, Uruguay, Argentina, Brasile e Paraguay. Piuttosto modesto comunque il livello tecnico, con le nazionali più rappresentative schierate con formazioni sperimentali. La nota più interessante è l'affermazione a livello internazionale di Alberto Spencer, all'epoca appena ventiduenne, miglior calciatore nella storia dell'Ecuador, centravanti agile e potente, idolo poi per più di un decennio del Peñarol di Montevideo e detentore del record di gol in Coppa Libertadores (54). 

* Tratto da Competizioni per nazionali, in Enciclopedia dello Sport, Treccani, 2002 (© Treccani)
Vedi anche Anni Trenta e Quaranta (1929-1949)Gli ultimi "Campeonato Sudamericano" (1953-1967) in Wikipedia